• Origini e significato dell’ acronimo SSC

    Posted by mondomistress  on Dicembre 29, 2021 at 9:55 pm

    David Stein, inventore dell’acronimo SSC, nell’articolo che segue, spiega non solo come nacque, ma anche quali furono le motivazioni per cui venne creato, e soprattutto l’originale significato.

    “Sano, Sicuro, Consensuale”

    “La Storia è quel che succede mentre stai facendo qualcos’altro – e possono passare anni prima che ti capiti di scoprire che quello che stavi facendo era “storico”. Quando detti il mio consenso, a metà del 1983, a far parte di una commissione incaricata di stilare l’abbozzo di un nuovo “Statuto di Identità e Scopi” per la New York’s Gay Male S/M Activists (GMSMA), di cui ero stato co-fondatore un paio di anni prima, non avevo la minima idea che quel che la maggior parte della gente avrebbe ricordato del nostro lavoro sarebbe stata una singola frase: “safe, sane and consensual S/M”.
    Decine di migliaia – forse centinaia di migliaia – di uomini e donne inclini al sesso non convenzionale sparsi per tutto il Nord America ed in giro per il mondo, la maggior parte dei quali non ha la minima idea di cosa GMSMA significhi, conoscono invece “Sano, Sicuro e Consensuale” (SSC).

    Hanno letto quelle parole su magliette, siti web e annunci personali, nei regolamenti e statuti di fondazione di centinaia di organizzazioni, sui video porno, su praticamente qualunque rivista sexy, su ogni libro od opuscolo o video informativo prodotto per un pubblico incuriosito dal sesso alternativo. Sono diventate, letteralmente, una Shibboleth: un marcatore linguistico usato per distinguere “noi” da “loro”.
    Prendetevela pure con me, se non potete farne a meno, anche se questo non era affatto lo scopo che avevo in mente. Il verbale di agosto 1983 di quella commissione del GMSMA contiene la più antica menzione di quella frase che sia mai stata riportata, e sembra molto probabile che io ne sia stato l’autore. La dichiarazione che abbozzammo recita per esteso:

    GMSMA è un’organizzazione senza scopo di lucro tra maschi omosessuali dell’area della Città di New York che siano seriamente interessati al SM sano, sicuro e consensuale. Il nostro scopo è contribuire a creare una comunità di maggiore supporto per i maschi omosessuali, sia che aspirino ad un totale lifestyle che ad un’avventura occasionale, sia che stiano appena affacciandosi al SM o che godano già di una lunga esperienza. I nostri raduni periodici e le altre attività tendono a costruire un senso di comunità attraverso l’esplorazione di comuni sentimenti ed interessi. Il nostro scopo è migliorare la consapevolezza riguardo a questioni di sicurezza e responsabilità, di recuperare le basi della nostra tradizione e di diffondere le migliori informazioni mediche e tecniche disponibili circa le pratiche SM.

    Cerchiamo di stabilire una riconosciuta presenza politica nella più ampia comunità omosessuale, allo scopo di combattere i prevalenti stereotipi ed incomprensioni a proposito del SM, mentre lavoriamo insieme ad altri allo scopo comune della liberazione omosessuale.

    Queste parole furono adottate senza modifiche dal Consiglio di Amministrazione il 17 agosto del 1983, e da allora in poi questa dichiarazione è apparsa in ogni opuscolo e modulo di iscrizione del GMSMA, così come su qualunque altro scritto distribuito agli incontri od agli eventi, o sulle mail inviate a migliaia di persone e centinaia di altre organizzazioni. (Le uniche modifiche apportate nel corso degli anni sono state rinunciare al riferimento a New York e sostituire “maschi” con “uomini”)
    Mentre non ho il ricordo specifico di aver coniato “Sano, Sicuro e Consensuale”, ricordo però perfettamente di aver partecipato alla riunione della commissione dove rielaborammo la dichiarazione in un abbozzo completo che era vicino al testo finale. Entrambi gli altri membri della commissione, Martin Berkenwald e Bob Gillespie, se ne sono ormai andati, ma prima della sua morte nel settembre del 2000, Bob disse a Gil Kessler (che aveva ritrovato il verbale della commissione negli archivi del GMSMA) che riteneva fossi io ad essermene uscito con quella formula. Certamente è nel mio stile, e sembra scaturita da altri pezzi che scrissi all’inizio degli anni ’80, dove mi sforzavo di distinguere il tipo di SM che volevo fare dai comportamenti criminalmente abusivi o neuroticamente autodistruttivi che erano popolarmente associati al termine “sadomasochismo”. In ogni caso, non sto reclamandone la paternità per vanteria – io credo che la popolarità della frase abbia prodotto tanti danni quanti vantaggi – ma per sostenere la mia interpretazione delle sue origini.

    Il passato riconquistato.
    Guardando al passato, sono convinto che “sano” e “sicuro” non fossero associati per caso, ma derivassero da un’esortazione familiare alla maggioranza degli Americani: “Godetevi un sano e sicuro Quattro Luglio”.

    Ogni anno, mentre crescevo, ascoltavo questa frase alla TV, o la leggevo sui giornali e sui tabelloni stradali, e mi è rimasta impressa. Deve essere rimasta impressa anche a Tony DeBlase, perché “sano e sicuro” appare anche in un saggio anonimo che scrisse per il resoconto ufficiale dell’Inferno 10 (1981) del Chicago Hellfire Club[1]:

    Nel 1980 fu adottata la seguente Dichiarazione di Intenti: “…per fornire informazione e opportunità di partecipazione al sesso sadomaso tra uomini adulti consenzienti e incoraggiare la comunicazione tra tali individui”. L’SM responsabile è diventato più popolare e meno temuto nella comunità gay ed il Chicago Hellfire Club continua a servire la sua comunità – sforzandosi sempre di educare e promuovere il sano e sicuro godimento degli uomini dagli uomini.

    L’Inferno 10 fu il primo a cui partecipai, e ne restai molto impressionato, così le parole di Tony possono avermi suggerito l’applicazione di “sano e sicuro” al SM, e persino l’associazione con “consensuale”. Ma la Dichiarazione di Intenti della GMSMA fu il primo posto dove tutti e tre i termini furono congiuntamente applicati all’SM. Da bambino, pensavo che “Godetevi un sano e sicuro Quattro Luglio” significasse: “Divertitevi, ma non siate stupidi e evitate di dar fuoco alla casa o di farvi saltar via le mani”. Più di due decadi dopo, questo sembrava adattarsi al SM piuttosto bene. Quello che nel 1983 intendevamo per “SM sano e sicuro” era: “Divertitevi, ma tenete la testa a posto e state attenti a quel che fate, così da non finire morti o all’ospedale – o da non mandarci qualcun altro”.

    Mi sembra probabile che l’eco di una frase che tante autorevoli ed affidabili figure (come pompieri e poliziotti) avevano usato per anni possa spiegare perché tanti americani si sentirono immediatamente a loro agio con “sano, sicuro e consensuale” – e spiega anche perché molti altri, meno inclini alla fiducia nelle autorità, ne furono immediatamente disgustati.[2]
    Chiaramente, l’uso insistente e la disseminazione della formula da parte della GMSMA nel corso degli anni ’80 gettarono le fondamenta per la sua esplosiva diffusione nel decennio successivo. Ma i più importanti vettori furono il contingente SM Leather che partecipò alla Marcia su Washington del marzo 1987 per i diritti dei Gay e delle Lesbiche, e l’anche più numeroso contingente della Marcia del 1993 su Washington. Durante una riunione preparatoria alla marcia del 1987 indetta dalla GMSMA e tenuta al Centro Servizi della Comunità gay e lesbica di New York il 21 aprile del 1987, i rappresentanti del contingente SM Leather discussero i pro ed i contro del “Sano, Sicuro e Consensuale” e delle varie alternative (“Sano, Responsabile, Consensuale” è l’unica che ricordo).

    Alla fine convenimmo sul SSC come lo slogan più efficace per propagandare il risvolto SM leather della marcia, senza minimamente immaginare quanto fatale si sarebbe rivelata la nostra scelta. Dal 10 giugno 1987 in poi, lo slogan apparve nella testata di tutta la corrispondenza, dei comunicati stampa e delle circolari del contingente, e divenne anche il motto centrale di migliaia di magliette.
    La marcia del 1993 potrebbe essere stata anche più efficace per la popolarità dello slogan, poiché oltre al suo uso sul materiale pubblicitario e sulle magliette, fu anche stampato sullo striscione di 6 metri del Contingente SM Leather Fetish. Per tutto il giorno precedente la marcia, lo striscione rimase appeso sul portone principale del palazzo governativo che ospitava la grande Conferenza SM Leather Fetish. Migliaia di uomini e donne da tutti gli Stati Uniti e da molti paesi stranieri videro quelle tre parole, si identificarono con esse e le riportarono alle loro comunità locali[3].

    La degenerazione di uno slogan
    Il guaio è che, una volta che un’idea viene ridotta ad uno slogan che può essere stampato su un distintivo od una maglietta, nessuno può più controllare il suo significato. Chiunque lo legga lo interpreta secondo i suoi pregiudizi e preconcetti – tutto dipende da come vengono interpretati i termini chiave. Se leggi “sicuro”, per esempio, come “che evita i rischi inutili o non necessari”, allora SSC avrà un significato ben differente da quello di chi invece legge ”privo di rischi”.
    Mentre la maggior parte dei praticanti attivi nelle organizzazioni SM hanno considerato l’SSC come una convalida per una forma di sessualità ancora considerata “strana” o “malata” dalla maggior parte della nostra società, altri hanno letto la stessa formula come una svalutazione del “gioco estremo” e perfino della semplice eccitazione, a favore di giochi sessuali cauti, convenzionali e completamente programmati.

    Poco dopo la marcia del 1987, cominciarono ad apparire magliette con la scritta “Insicuro, Insano e Non-Consensuale”, e qualche importante esperto di SM fu visto indossarle una volta o due, anche se questi somigliavano più a scherzi che a critiche serie. Attacchi argomentati e meditati al SSC apparvero solo più tardi, in particolare “Unsafe at Any Speed, or Safe, Sane and Consensual, my Fanny” [4]di Laura Antoniou[5], “The SSC Mistake”[6] e “The Future of Leather”[7] di Joseph W. Beans, “Beyond Sane, Safe and Consensual”[8] di Phil Julian, “The Origin of RACK/RACK vs. SSC”[9] di Gary Switch, che propose “Risk-Aware Consensual Kink” come slogan alternativo[10]. (Vedi il saggio di Gary Switch tradotto e pubblicato su questo sito – n.d.T.)
    All’inizio, comunque, “safe, sane and consensual SM” non era uno slogan, ma soltanto il preambolo di una dichiarazione di intenti che proseguiva parlando di cose come comunità, responsabilità, tradizione, educazione e liberazione degli omosessuali. Per di più, in quella dichiarazione era chiaramente affermato che la formula SSC intendeva abbracciare tutti i livelli della pratica SM, dai primi passi dei novizi ai giochi estremi dei veterani, così come qualunque livello di coinvolgimento, dallo “stile di vita totalizzante” sino “all’avventura occasionale”. Questo contesto dimostra che originariamente l’SSC non fu inteso né come un ideale al quale adeguarsi, né come un modo per definire l’SM in generale. Ma fu certamente inteso come un modo per tracciare una linea tra il tipo di comportamento SM che volevamo incoraggiare ed altri comportamenti dai quali volevamo prendere le distanze.

    Eccitarsi sessualmente attraverso la sofferenza, le legature o l’umiliazione, subite od inflitte, può condurre non solo all’estasi ed all’appagamento, ma anche a comportamenti distruttivi o auto-distruttivi che nessuna persona moralmente sensata potrebbe perdonare. L’SM scatena potenti emozioni ed implica profonda vulnerabilità, ed i risultati non sono sempre gradevoli. A volte, seguendo i propri istinti, le persone fanno cose che distruggono le loro vite – o quelle degli altri. Questo non deve essere dimenticato o nascosto nella ricerca dell’accettazione sociale[11].
    La formula “Sano, Sicuro e Consensuale” fu avanzata come standard minimo per un S/M eticamente difendibile, perché questa deve essere la base per ogni difesa dei diritti SM. Oggi, comunque, specialmente nella comunità etero e pansessuali, lo stesso SM ( o “BDSM”, che qualcuno trova più digeribile) è frequentemente definito in termini di SSC, mentre lo slogan SSC è trattato con una reverenza quasi religiosa, e persino esplicitamente riportato come un “Credo”[12]. Invece di chiedere alla gente di pensare a cosa significhi fare SM eticamente, e prendere le difficili decisioni che sono talvolta necessarie (se non altro la scelta tra cosa è giusto e cosa e giusto ora), molte organizzazioni si comportano oggi come se queste questioni fossero state tutte risolte, assicurandoci che un comportamento masochista o sadico non targato SSC non è affatto SM, ma qualcos’altro – abuso, generalmente, o violenza domestica, o scarsa autostima.
    Come risultato, certa gente usa concezioni semplicistiche del SSC come bastoni per picchiare chiunque abbia limiti che vadano oltre i loro, mentre altri apparentemente pensano che prestare un omaggio formale all’idolo SSC li esenti da ogni responsabilità nel comportarsi in maniera decente e compassionevole. Ha preso radici l’idea che qualunque cosa sia sana, sicura e consensuale sua buona, e qualunque cosa non lo sia, sia cattiva. Ma questo è altrettanto assurdo che dire che qualunque alimento approvato come sano dal governo degli Stati Uniti è uniformemente nutriente e saporito, mentre qualunque alimento che non sia stato espressamente approvato, non è proprio cibo.

    Solo perché un’interazione SM è sana, sicura e consensuale non significa che sia anche ben fatta, mutuamente soddisfacente e meritevole di emulazione! Anche top e bottom di grande esperienza possono avere una giornata no, ed anche se niente va palesemente storto, una scena ben pianificata può essere un fallimento. D’altra parte, una scena estremamente rischiosa, pazzoide, o non proprio consensuale può regalare un’emozione fortissima che nessuna delle due parti – posto che sopravvivano – vorrebbe aver perso. Essere soltanto SSC non è abbastanza, perché non dice nulla sul perché facciamo SM in primo luogo. O forse dice troppo? L’idolatria per l’SSC è cominciata nello stesso periodo in cui si cominciò quasi universalmente a riferirsi all’attività SM come “gioco”, ai praticanti SM come “giocatori” ed agli attrezzi che usiamo come “giocattoli”. Probabilmente non è un caso: nessuno ci augura di avere “una sana e sicura” – lasciamo perdere consensuale – giornata di lavoro. Avvertendo la mancanza di qualcosa nell’ideale SSC, Race Bannon e John Warren[13], tra gli altri, hanno suggerito che dovrebbe essere aggiunto un quarto termine: divertimento (fun). Ma anche convenendo che il buon SM è più che semplicemente SSC, la formula modificata – “sano, sicuro, consensuale e divertente” – rinforza non solo la nozione sbagliata che l’SSC sia un criterio di valore, ma anche quella per cui l’SM è qualcosa che fai solamente per divertimento, e non con intenzioni serie.
    Esistono, per la verità, “giochi seri” – alcune delle più sofisticate realizzazioni artistiche, intellettuali e spirituali rientrano in questa categoria – ma non sono quelli a cui la maggior parte della gente pensa quando si parla di “divertirsi”.

    La stessa rivoluzione che ha separato l’eterosessualità dalla riproduzione e ci ha regalato il sesso per sport, ha trasformato l’SM in una forma di ricreazione con l’opzione del sesso (oggi, espliciti paralleli tra l’SM e lo sport sono un luogo comune nei discorsi a sostegno del SM). Meno pericoloso del football americano, ma quasi altrettanto intenso, ha persino benefici effetti aerobici.

    ll pericolo di definire.
    Definire è limitare, e lo scopo originale della GMSMA non era quello di stabilire un’ortodossia, ma di facilitare il dialogo – questo è il motivo per cui ci opponemmo ai tentativi di promulgare qualunque definizione “ufficiale” di SM o SSC[14]. Già nel 1983 sapevamo che dietro le applicazioni ovvie di “sano”, “sicuro” e “consensuale” si stendeva una vasta zona grigia e nessun assoluto. Persone ragionevoli possono interpretare differentemente questi termini, o applicarli diversamente in diversi contesti.

    Ma essi forniscono un punto di partenza nel compiere scelte circa il tipo di SM che si vuole fare (non la specifica preferenza sessuale o scena, naturalmente, ma i principi etici che danno forma alla pratica.)
    La sicurezza, specialmente, cambia da un individuo all’altro e da una situazione all’altra. Una manovra perfettamente sicura per un ginnasta può spezzare il collo ad un acrobata dilettante. Una fustigazione che un bottom può trovare eccitante può danneggiare un altro con meno esperienza o preparazione. Una sessione di bondage stretto e deprivazione sensoriale che manda me in estasi può spedire te all’ospedale psichiatrico. Persino quando attraversiamo la strada dobbiamo decidere quale livello di rischio è accettabile – perché dovremmo essere meno responsabili in una scena od una relazione SM?
    Quello che intendevamo per “SM sicuro” nel 1983 – come la versione integrale della dichiarazione di intenti della GMSMA implica – era l’opposto di SM incurante, irresponsabile e disinformato. Noi lo intendevamo come fare i compiti a casa e prendere precauzioni ragionate. Noi non intendevamo affatto promuovere esclusivamente un SM approvato dal Governo, o trasformare la scena SM in un parco giochi per bambini privo di rischi, dove il dolore non fa veramente male, il bondage non immobilizza veramente, e dominazione significa venir comandati di fare quel che faremmo in ogni caso.
    Lasciammo “sano” e “consensuale” molto più nel vago, “sano” perché è vago comunque, una volta scontato il significato più ovvio – “capace di distinguere la fantasia dalla realtà” –e “consensuale” perché non ci rendemmo conto di quanto il termine fosse infido.

    Non avevamo il beneficio di vent’anni di crescente consapevolezza su quanto possa essere difficile separarsi da un partner abusivo. Non discutemmo, all’epoca, se il consenso fosse qualcosa che si potesse dare una volta per tutte o se andasse rinnovato continuamente – il paradosso ormai familiare della “consensualità non-consensuale”. In mancanza di una simile analisi, comunque, è troppo facile leggere la richiesta di consensualità come analoga alle regole contro lo stupro, intendendo che il Top, il Dominante od il/la Master/Mistress deve fermarsi e chiedere il permesso al bottom, sottomesso o schiavo, ogni volta che il tipo di attività cambia. Questo può funzionare in una sessione di gioco tra gente semplicemente interessata a condividere certe sensazioni, ma sovvertirebbe fatalmente ogni duratura relazione D/s o master/slave – o persino quel tipo di intensa scena SM in cui il bottom si estranea dalla realtà (goes nonverbal) e finisce per essere temporaneamente incapace di compiere scelte.
    La scelta che GMSMA dovette affrontare nel 1983 fu tra esplorare/discutere/difendere l’intera gamma del comportamento SM – esponendosi perciò agli attacchi basati su ogni caso di sadomasochismo predatorio che i critici fossero capaci di scoprire, o inventare – o limitare il campo in qualche modo. Dicendo di essere interessati al SM “sano, sicuro e consensuale”, stavamo cercando di tracciare una distinzione assolutamente basilare tra, da una parte, il bondage, la tortura od il controllo inflitti a partner consenzienti per reciproca soddisfazione, e, dall’altra parte, l’abuso coatto su vittime involontarie.

    Pensavamo che questa restrizione avrebbe lasciato le persone ostili al SM senza basi razionali per opporsi agli scopi di GMSMA, rendendo evidente la fondamentale sessuofobia che soggiace alla maggior parte dei tentativi di regolamentare l’espressione della sessualità. (Porci noi stessi come una nuova branca della polizia sessuale era un’idea lontanissima dalla nostra mente). Allo stesso tempo, credevamo che l’enfasi sul SSC avrebbe aiutato quelli di noi che avevano in qualche misura interiorizzato gli stessi pregiudizi – il che, all’epoca, significava la maggior parte di noi! – a capire che non era inevitabile diventare una vittima od un predatore per soddisfare le necessità sessuali per il dolore ed il controllo.
    Sfortunatamente, non sono solo il giornalismo sensazionalistico o le religioni reazionarie ad equiparare l’SM al comportamento coercitivo, ma anche la maggior parte del nostro immaginario erotico, ed anche questo non è un caso. All’epoca in cui GMSMA fu fondata, quasi tutti concepivano l’SM in termini coercitivi, perché questi erano gli unici termini che avevamo. Il primo passo per portare alla luce l’SM consensuale fu quello di costruire un linguaggio con cui poterne parlare. L’SSC ha avuto una parte spettacolarmente efficace in questo processo, ma oggi, qualche volta, è più un ostacolo che un aiuto per proseguire quel tipo di dialogo che costruisce le comunità – ed è anche più che un intralcio al dialogo parzialmente non verbale tra seduzione e consenso[15] che è alla base della soddisfazione nelle relazioni sessuali SM tra individui.

    Libertà dalla paura.
    Per la maggior parte di quelli della mia generazione, ed anche prima, l’immagine del SM era all’inizio terrorizzante almeno quanto era eccitante. E fare i primi passi verso la realizzazione delle nostre fantasie – da entrambi i lati, top o bottom – ancora più terrorizzante. Non avevamo ancora il beneficio di vent’anni di educazione ed attivismo SM, e l’iconografia del SM omosessuale sulla rivista Drummer o altrove era molto estrema, davvero “non-con”. All’inizio degli anni ’80, come ancora oggi in certi circoli, essere conosciuti come “pericolosi” o “senza limiti” poteva sembrare sexy o eccitante, mentre essere “preso” o forzato alla sottomissione poteva sembrare più autentico di un incontro negoziato. Mentre all’epoca le probabilità che una scena SM terminasse in ospedale non erano maggiori di adesso – forse minori – la scena SM omosessuale aveva un’aura di pericolosità che fece esitare me e molti altri a lasciarci coinvolgere e ci procurava sentimenti contraddittori, nonostante il nostro forte desiderio per l’SM.

    Il desiderio di ridurre quell’aura di pericolo fu uno dei principali motivi che ci indussero, in primo luogo, a fondare GMSMA, e sono sicuro che motivazioni simili furono alla base della creazione di molte successive organizzazioni similari, particolarmente quelle eterosessuali e pansessuali.
    Ovviamente abbiamo avuto successo, con ben più che un piccolo aiuto da parte dello Zeitgeist. Dagli anni ‘80 in poi, l’SM è divenuto progressivamente meno temibile, al punto che molti adolescenti, oggi, sono più a proprio agio col piercing, il bondage ed i giochi di ruolo D/s di quanto non fossero i loro genitori col sesso orale. Per questi ragazzi, fare “coming out” sadomaso non è una gran cosa – molto meno, in realtà, che farlo come gay o lesbiche. (Grazie a voi, Madonna e Trent Reznor!).
    Ma forse il pendolo ha oscillato troppo in là. I critici del SSC puntano il dito principalmente sulla “vanillificazione” del SM che un’enfasi eccessiva sulla sicurezza e sulla banale “sanità mentale” può produrre. Per buona parte dei bottom, correre dei rischi fa parte del senso di fare SM – se una scena non scatena la loro adrenalina, è una perdita di tempo. Per me e molti altri, comunque, la paura è inibente, abbiamo bisogno di sentirci al sicuro per poter cedere il controllo; solo allora possiamo volare. E tuttavia anche per noi, la trasformazione del “sano, sicuro e consensuale” da vaga linea guida a rigida ideologia ha un lato negativo.
    La paura può essere un meccanismo di sopravvivenza, ed un novizio che si precipita in una scena pesante al primo appuntamento, contando sulla protezione della “safeword” o del “Credo” SSC, può uscirne orrendamente disilluso, anche se non fisicamente traumatizzato. Il rischio di finire ammazzati da uno psicopatico è minuscolo (anche se non inesistente). Quel che sembra anche troppo comune oggi, comunque, per i bottom ed i sottomessi novizi, è essere usati e poi scaricati da top e dominanti viziati dall’infinità disponibilità di carne fresca – e per i top ed i dom novizi essere usati e poi scartati da bottom e sub che non hanno mai imparato che la responsabilità per una buona sessione dipende da entrambe le parti. Invece di accostarci ai nostri incontri SM come gourmet che pregustano un piatto prelibato che richiede pianificazione, abilità, e forse anche sacrificio per essere preparato, sempre più di noi finiscono per comportarsi da paninari, contenti di ingozzarsi e correre via. Invece di impegnarci gli uni con gli altri come individui unici, a cui capita di aver bisogno, o semplicemente di godere, del sesso alternativo, sempre di più trattiamo i nostri partner – sia a lungo che a breve termine – puramente come strumenti per le nostre fantasie (una tendenza esacerbata dal sesso virtuale).
    Una safeword non può salvarti da una cattiva sessione, né da una pessima relazione con qualcuno che non conosci così bene come pensavi, ed intonare “Sano Sicuro Consensuale” come un mantra non può sostituire gli anni di studio e pratica che servono a guidarti attraverso il labirinto di scelte che tutti dobbiamo fare. Sia che tu faccia SM per raggiungere l’estasi, l’intimità, l’autotrasformazione, o semplicemente per spassartela, tutto quello che i termini “sano, sicuro e consensuale” possono fare è suggerire da dove cominciare a tracciare qualche confine. Dopodichè, comincia il vero lavoro di stabilire – e testare – i tuoi limiti individuali.”

    mondomistress  replied 2 years, 11 months ago 1 Member · 0 Replies
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