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Lettera alla Padrona, Lettera dello schiavo a Padrona Lisanne
Giuro solennemente di mantenere queste intenzioni
“Scrivo questa lettera come contratto secondo la volontà della mia Padrona Lisanne e come testamento.
Nelle mie piene facoltà scrivo che ogni mio avere e ogni mio sforzo sarà dato alla mia Padrona che lo userà come più le aggrada.”L’ho conosciuta una domenica d’autunno, nel parco vicino a quella buffa gelateria.
Mi ha chiesto di prenderle dell’acqua alla fontanella, non voleva alzarsi, ma questo non me lo disse.
Io ero già in piedi, passavo di li di corsa.
Gliela riportati.
Parlammo.
La mia sessione di allenamento finì li, perché quella buffa gelateria guadagnò qualcosa da me.La mia Padrona Lisanne mi faceva venire due volte a settimana, per pulirle la casa.
Mi ricordo di una volta quando le chiesi dove fosse la tazza da té, mi chiese di prepararglielo, lei mi rispose di cercarla, perché la casa era sua da poco. Non sapevo cosa volesse intendere.
Le preparai anche da mangiare ogni volta che andavo per pulire, dicevo.
Lei gelida non mi degnava di un’attenzione.Ero stato promosso, così disse.
Ora dovevo andare da lei ogni giorno; “si è liberato un posto” così disse.
Non sapevo cosa intendesse, ma mi andava bene.
Ogni giorno dovevo andare da lei e cucinarle e pulire e accudirla e viziarla e stare anche li fermo senza far niente, con la sua borsetta appesa al braccio e il suo cappotto all’altro braccio.
Le piacevo così, diceva.Mi ero trasferito da lei.
Non potevo fare altro se non quello che mi ordinava.
Non era male.
Questa volta ero un poggia piedi.
A volte era como, a volte era dura.
E con lei era sempre dura: mi teneva fermo anche per ore.
Adesso ero uno scendiletto.
E poi sono diventato un posacenere.
Ma non ingoiavo solo quella.
Alla fine ero diventato un water.
Non era male alla fine, poteva andarmi peggio.Ogni tanto mi usava come servitore per le sue amiche.
Ogni tanto come oggetto sessuale.
Scontenta mi picchiava.
Ogni tanto come oggetto sessuale per i suoi uomini.
Scontenta mi picchiava.Ogni tanto mi picchiava.
Scontenta mi rinchiudeva.
Mi lasciava li per giorni a volte.
Allo stremo.Si prendeva cura di me.
Mi nutriva.
Si prendeva cura di me.
Mi educava.Era soddisfatta, mi portava fuori col guinzaglio.
Ormai ero abituato alle occhiate. E i volti di quelle occhiate erano abituati a me.
A volte faceva provare perfette sconosciute su di me.
Non era male, poteva andarmi peggio.Questa è la mia storia, la storia della mia Padrona Lisanne e del suo schiavo. Non ricordo più il suo nome. Era solo Schiavo.
Se leggi questa lettera, allora sono morto.
Forse soffocato, forse annegato, forse mi ha messo qualcosa nella ciotola, forse mi ha punto con qualcosa.
Ora sono morto e Lisanne avrà sicuramente trovato il prossimo.
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