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Shinobi bullying (Naruto/Boruto fanfiction)
Ch1
Erika sbrigati o farai tardi per l’accademia ninja ! –
La voce squillante di mia madre Akire riecheggiò per la nostra piccola casa ed fui colta dal panico non appena guardai il piccolo orologio al mio polso che era l’unica cosa che mi era rimasta di mio padre, perito durante la quarta guerra ninja che aveva sconvolto tutto il nostro mondo e che per fortuna si era conclusa con successo grazie all’attuale settimo Hokage, il grande Naruto Uzumaki.
“Maledizione, non di nuovo !” Imprecai mentre mi finivo di vestire il più velocemente possibile e non appena infilati i sandali ai piedi, aprii la finestra e saltai giù senza nemmeno salutare mia madre.
Cominciai a correre come se avessi un ninja nemico alle spalle, ma non potevo fare altrimenti, ero gia arrivata in ritardo tre volte quella settimana ed il sensei non mi avrebbe perdonato nuovamente. Non avevo nessuna intenzione di finire in punizione e farmi ridere dietro dagli altri studenti, la mia vita all’accademia era già complicata ed una punizione umiliante avrebbe reso tutto più difficile. Durante la mia corsa sfrenata quasi travolsi un bambino che era sfuggito alla presa della nonna che lo stava portando in giro per i negozi lungo la via principale del villaggio, ma per fortuna avevo buoni riflessi e riuscii ad evitarlo all’ultimo momento, cosa che non mi evitò una sgridata da parte dell’anziana che mi urlava di stare più attenta e non correre in quel modo e tante altre parole che non fui capace di sentire perchè ero gia lontana, ancora correndo verso l’accademia.
– Non va assolutamente bene cosi Erika, è la quarta volta questa settimana –
Ero ancora piegata in due per cercare di riprendere fiato e non avevo il coraggio di guardare Shino sensei negli occhi, o per meglio dire, in quel coso metallico che teneva i suoi occhi e parte del suo viso nascosti. Potevo sentire i miei compagni ridacchiare ed un misto di vergona e rabbia mi colpì in pieno petto, quasi come il jutsu di un potente nemico.
– Decideremo più tardi la tua punizione, per adesso ragazzi fate un breve riscaldamento e tra poco ci sarà una gara ad ostacoli. I primi tre classificati avranno come premio un buono sconto da usare per del ramen o per un hambur… –
– Hamburger sììì – Boruto esclamò pieno di gioia, interrompendo il maestro – Mi spiace ragazzi ma quel premio sarà mio –
– Fortuna che otterrà il premio anche chi arriverà secondo allora – intervenne Sarada ed io non potei che fare a meno di girarmi verso l’ultima discendente del clan Uchiha che guardava divertita il figlio del settimo Hokage, già pronto a ribattere.
– Finitela voi, e fatemi finire di parlare – Shino sensei disse, continuando il suo discorso – Così come i primi tre classificati avrannò un premio, l’ultimo che arriva al traguardo avrà una penitenza, che sarà…hmm, sì, trenta giri di campo e mille flessioni –
Un ondata di lamentele si sollevò dagli studenti ma sapevo fin troppo bene che il sensei non avrebbe mai cambiato idea e già tremavo al pensiero di subire una penitenza così dura. Ero abbastanza famosa per combinare disastri durante gli allenamenti e non ero certo una dei migliori della classe, e come avrei potuto quando tra di noi c’erano il figlio del settimo hokage, una sorta di Dea con lo sharingan e diversi altri ragazzi i cui genitori erano tra gli shinobi più forti del villaggio ? Io non ero nessuno al loro confronto, ero solo una ragazza orfana di mio padre e con una madre che non aveva mai passato l’accademia ninja. Tante volte mi ero chiesta se anche io avrei fatto la sua stessa fine, se anche io sarei finita per fare pulizie a casa di altre persone, più ricche ed importanti, ma avevo sempre lavorato duramente per cambiare il mio destino ed essere migliore di mia madre. Ma non era facile, non era affatto facile.
– Disponetevi lungo quella linea e che nessuno si muova prima del mio segnale –
Seguendo le istruzione del mio sensei, mi diressi nel luogo indicato e mi ritrovai a pochi passi da Sarada. Il mio cuore cominciò a palpitare senza controllo, come sempre quando ero vicina a lei e non ne avevo mai capito il motivo. I miei occhi studiarono la bella ragazza per qualche secondo, ammirando il suo abito rosso ed il simbolo del clan uchiha sulle spalle.
– Pronta a mangiare la mia polvere Erika ? – Sarada mi disse quando si accorse che la stavo guardando intensamente e come per sottilenare quello che aveva appena detto, strofinò con forza i suoi sandali sul terreno sollevando una nuvoletta di polvere.
Come sempre non ebbi la forza di rispondere e rimasi in silenzio ad osservare i suoi sandali e le graziose dita dei suoi piedi, senza smalto alle unghia. Distratta da quella visione che trovavo stranamente così piacevole, non mi accorsi subito del segnale del sensei e neanche il tempo di iniziare la gara ero già ultima e a diversi metri di distanza dal resto del gruppo. Il percorso che Shino sensei aveva ideato era estramemente complesso ed avrebbe richiesto tutte le abilità che avevamo appreso durante i nostri studi all’accademia. Essendo magra ed abbastanza agile, non era la corsa che mi spaventava ma quegli ostacoli che avrei dovuto superare lanciando degli shuriken o dei kunai, cosa in cui ero davvero terribile.
Durante le prime fasi della gara riuscii a recuperare diverse posizioni, e dopo un bel salto fui in grado anche di superare Chocho Akimichi, ottenendo momentaneamente la quinta posizione con Shikadai e Inojin non molto distanti. Ovviamente di Boruto e Sarada non c’era gia più traccia, con i due già ad un passo dal traguardo. Il percorso si sviluppava lungo la foresta ai limiti del villaggio e solo quando fui vicina il piccolo lago mi resi conto che era giunto il momento che tanto temevo. Attorno il lago erano posizionati una serie di manichini che dovevano essere colpiti con gli shuriken tutti allo stesso tempo, solo in quel modo sarebbe apparso il rotolo che avremmo poi dovuto consegnare al traguardo. Provai la prima volta ma mancai ben tre bersagli e le volte successive non andarono meglio. Ben presto tutti gli altri ragazzi mi sorpassarono e dopo aver colpito con successo tutti i manichini, continuarono la loro gara mentre io rimasi da sola e sempre più disperata.
Caddi in ginocchio vicino al lago e rimasi ad osservare per qualche secondo il mio riflesso. Ero una bella ragazza, con lunghi capelli neri e pelle scura che avevo ereditato da mio padre, che era originario di Kumogakure, ed i miei occhi avevano lo stesso colore dell’ambra ed infatti mia madre era solita dirmi che avevo due pietre preziose al posto degli occhi, che rendevano il mio viso bello e nobile. Sapevo che mia madre mentiva, non c’era nulla di speciale in me e i miei occhi non valevano nulla, non avevo il nobile byakugan del Clan Hyuga, nè il potente sharingan di Sarada…ero solo una ragazza ordinaria che non poteva fare nulla per competere con ninja così eccezionali, io potevo solo…
“Mangiare la polvere di Sarada”mormorai ripensando alle parole della mia compagna di classe che sembravano essere rimaste scolpite nella mia anima.
Quando arrivai al traguardo Boruto stava festeggiando e stava già elencando tutto quello che avrebbe comprato grazie al buono sconto che aveva vinto, Shikadai lo ascoltava annoiato e ben presto si mise a giocare con un videogame che portava sempre con se. Sapevo di essere arrivata ultima e cosa peggiore, non avevo neanche ottenuto il rotolo, segno che avevo totalmente fallito la prova.
– Un’altra ottima prova Erika, continua così e presto potrai salutare per sempre l’accademia” Sarada mi disse quando notò che non avevo nemmeno il rotolo. In pochi istanti tutti scoppiarono a ridere.
Shino sensei si congratulò con i miei compagni per l’ottimo lavoro fatto e lì congedò con un sorriso, prima di rivolgersi a me, annunciandomi quello che gia sapevo, che mi aspettavano trenta giri di campo e mille flessioni. Stanca e sfiduciata cominciai a correre, chiedendomi quando sarei stata in grado di tornare a casa quella sera, di certo non avrei mai fatto in tempo per la cena.
Non sapevo da quanto tempo stavo correndo, sapevo però che mancava un solo giro e che avevo fame, ma purtroppo la parte dura doveva ancora arrivare. Odiavo fare le flessioni, non avevo molta forza nelle braccia e alla centesima ero già sfinita. Crollai per terra, le mani sul terreno che era ormai diventato fango dopo diversi minuti di pioggia intensa che non sembrava prossima a finire. Mentre cercavo la forza di rialzarmi e continuare, un paio di sandali apparvero sotto il mio naso, a pochi centimetri dal mio viso. Sapevo bene a chi appartennesero quei piedi, avevo subito riconosciuto quelle dita così perfette e non fui sorpresa quando sentii la voce di Sarada.
– Ehi perdente, non dirmi che ti stai già arrendendo, Shino sensei non ne sarà molto felice –
– No…posso farcela – risposi con un filo di voce, raccogliendo le forze e, spingendo con le braccia, riuscii nuovamente a sollevarmi, pronta per una nuova serie di flessioni.
– Bene, lascia che ti aiuti. Su e giù, su e giù – e cosi dicendo Sarada mi mise un piede in testa, spingendo la mia faccia verso il terreno fangoso ogni volta che lei diceva “giù”.
Non avevo la forza di ribellarmi, di lottare contro quella tremenda umiliazione e così rimasi come un misero verme sotto i sandali della mia compagna di classe, una ragazza mille volte superiore a me che non potevo fare altro che strisciare ai suoi piedi e sperare che quel giorno finisse presto. Ma ancora una volta avevo sottovalutato la crudeltà del destino.
Quando completai la flessione numero 500, crollai per terra, con la faccia nel fango ed il piede di Sarada ancora saldamente sulla mia testa, in una sorta di posa vittoriosa che sottolineava bene la differenza che c’era stata tra noi durante la gara e quella incolmabile che c’era tra due ragazze così diverse nella vita stessa.
– Guarda come sono ridotti i miei sandali per colpa tua – Sarada disse toccandosi gli occhiali e studiando con attenzione le sue calzature sporche di fango.
Avrei potuto dirle che non ero stata io a costringerla a rimanere nel campo di addestramento e che di certo non ero stata io che le avevo chiesto di “aiutarmi” mettendomi un piede in testa, avrei potuto dirle che quel fango che le aveva sporcato i sandali era praticamente tutto sparso nei miei lunghi capelli neri che aveva usato come una sorta di zerbino per tutto il tempo e che non era colpa mia se amava così tanto bullizzarmi, cosa che aveva sempre fatto da quando ero entrata in Accademia. Ma ancora una volta rimasi in silenzio, così come ero rimasta in silenzio quando una volta mi aveva fatto inciampare causandomi una frattura al naso, o quando durante uno scontro di allenamento mi aveva volontariamente strappato una maglietta che avevo appena comprato spendendo gran parte dei miei risparmi.
– Ehi perdente, sto parlando con te – Sarada premette con forza la sua scarpa sulla mia testa e mi schiacciò violentemente il viso contro il terreno – Hai intenzione di fare qualcosa per pulire le mie scarpe o no ? –
Non sapendo cosa fare, senza forze ed incapace di ribellarmi, con un filo di voce risposi :
– Sì…si…per favore-
– Mi piace che mi supplichi, dai continua, supplicami di poter ripulire i miei sandali-
Ovviamente Sarada aveva del tutto frainteso le mie parole, infatti stavo per dire “per favore, però lasciami andare e togli quel piede dalla mia testa”, ma ancora una volta avevo peggiorato le cose e la mia umiliazione era destinata a crescere. Sapendo che la ragazza Uchiha non avrebbe accettato altre parole, cominciai a dire :
– Per favore Sarada, posso ripulire i tuoi sandali che si sono sporcati solo per colpa mia ? –
Ero quasi “fortunata” ad avere ancora la faccia schiacciata contro il terreno fangoso, con il piede di Sarada sempre sulla mia testa, ero cosi in imbarazzo che sarebbe stato impossibile guardare la ragazza negli occhi, come se fossi una sua pari. Ma evidentemente non lo ero, io ero solo un verme sotto i suoi piedi.
– Beh se insisti così tanto…perché no ? – poi tirandomi i capelli e costringendomi a mettermi a quattro zampe, Sarada disse – Spostiamoci sotto quella quercia, ci sono delle rocce così non mi sporcherò nuovamente le scarpe quando me le ripulirai –
Proprio come aveva detto, Sarada mi condusse sotto una grande quercia secolare, senza lasciare per un attimo la presa dai miei capelli e, cosa peggiore, senza permettermi di alzarmi e così fui costretta a seguirla a quattro zampe, quasi come se fossi il suo cane.
– Qui è perfetto, puoi cominciare pure Erika –
Per la prima volta la guardai negli occhi, chiedendomi come avrei dovuto pulire i suoi sandali che in effetti era decisamente sporchi e totalmente pieni di fango
“Come i tuoi capelli, la tua faccia e i tuoi vestiti” una vocina dentro la mia testa mi disse.
Sarada mi osservò attraverso le sue lenti, dove delle gocce di pioggia scivolavano lentamente, e sembrò capire i miei dubbi.
Ti avrei detto di usare la tua maglietta, o i tuoi capelli per quel che mi importa, ma entrambi sono luridi. Penso che l’unica soluzione sia usare la tua lingua no?-– La mia lin…- non riuscii nemmeno a finire la frase per l’orrore. Lei voleva davvero che le leccassi via il fango dai suoi sandali come se fossi una sorta di animale ? Davvero mi avrebbe fatto fare qualcosa di così disgustoso ed umiliante ?
– Non ho tutto il giorno, perdente. Muoviti o giuro che ti calpesto quella faccia così forte che ti spezzo nuovamente quel bel nasino –
Non so se fu la paura di un attacco fisico o il tono autoritario della sua voce a farmi tirare subito fuori la lingua, come se fossi un automa programmato per obbedire all’istante agli ordini di Sarada, quel che so di certo è che cominciai a leccare quei sandali come se la mia vita dipendesse da quanto sarebbero stati lucidi alla fine del mio umiliante lavoro.
All’inizio rischiai più volte di vomitare, il gusto del fango era così strano che non saprei nemmeno descriverlo, d’altronde non è qualcosa che un essere umano dovrebbe “gustare”, ma in qualche modo riuscii a resistere ed andare avanti, leccando un centimetro dopo l’altro di quei sandali che Sarada aveva indossato ininterrottamente dal suo primo giorno di accademia. La mia compagna di classe sembrava particolarmente divertita dal mio umile lavoro, e più volte la vidi ridacchiare mentre con il piede destro spostava la mia testa a suo piacimento, guidandomi nella pulizia del sinistro.
– Ti avevo detto che avresti mangiato la mia polvere, non è vero Erika ? Anche se tecnicamente non so se il fango possa definirsi ancora polvere – Sarada disse, continuando a deridermi mentre la mia lingua si muoveva senza sosta, su e giù lungo i suoi sandali, cercando di rimuovere ogni traccia di fango che poi ero costretta ad ingoiare, resistendo ad un un nuovo conato di vomito.
Dopo quella che mi sembrò un eternità, finalmente i suoi sandali erano perfettamente puliti e sembravano quasi nuovi di fabbrica. Per un folle attimo fui persino orgogliosa del mio lavoro.
“Orgogliosa di aver ripulito le scarpe di una tua compagna con la tua lingua ? Sei forse impazzita Erika ?” La vocina nella mia testa mi disse e solo in quel momento forse mi resi davvero conto di cosa avevo appena fatto.
– Ho finito, sono pulite. Ora devo and… – stavo per dire, finalmente rialzandomi dopo ore a quattro zampe come un cane.
– Dove credi di andare ? – Sarada mi interruppe, affrenando nuovamente i miei capelli e forzandomi ancora una volta a tornare a quattro zampe – Forse sei tu quella che ha bisogno degli occhiali, non vedi che le mie dita dei piedi sono ancora tutte sporche ? –
In effetti aveva ragione, l’unica parte con ancora del fango erano le dita dei suoi piedi ma lei non poteva credere che io davvero potessi…
Ancora una volta non fui capace di oppormi alla principessa degli Uchiha, che fin dal primo giorno di accademia mi aveva bullizzato, mi aveva trattato come se non fossi altro che spazzatura, una misera creatura che non era degna di stare alla sua presenza. Ed io come avevo reagito a tutti quei soprusi, alle sue offese e alle umiliazioni ? Facendo tutto quello che lei voleva, scattando al solo schiocco delle sue dita, quasi scodinzolando come un cagnolino che porta con la sua bocca le pantofole al suo padrone. Ed anche quella volta non fu diverso, e proprio come avevo ripulito i suoi sandali dal fango, avvicinai la mia lingua alle dita dei piedi di Sarada per un nuovo umiliante lavoro di “pulizia”.
Mentre la mia lingua si posava per la prima volta su quelle dita così perfette ed assoparavo un nuovo insolito gusto oltre quello del fango, mi domandai come le cose sarebbe potute tornare come prima. Come avrei ancora potuto considerarmi una sua pari se avevo ripulito le dita dei piedi di Sarada con la mia bocca ? Come avrei ancora potuto considerarmi una sua compagna di classe quando stavo facendo qualcosa di così umiliante che neanche il più misero dei servitori si sarebbe mai sognato di fare ?
“Non si può tornare indietro Erika, l’hai combinata troppo grossa stavolta” la vocina nella mia testa tornò a farsi sentire mentre la mia lingua guizzava senza sosta tra le dita dei piedi di Sarada, e quando cominciai anche a succhiare quelle belle dita, seppi che la vocina aveva ragione e che da quel momento in poi per la principessa degli Uchiha non sarei stata altro che una leccapiedi da usare ed abusare.
Ch 2
Mia madre era già andata a letto quando finalmente tornai a casa. Per un attimo pensai di cucinare qualcosa ma ero troppo stanca e non volevo fare altro che gettarmi sul mio letto e piangere. Il mio corpo era indolenzito, per i giri di campo, le mille flessioni (che in realtà erano state 500) e per quel che mi aveva fatto Sarada, che non si era limitata a distruggere la mia mente ed il mio spirito, schiacciati sotto i suoi piedi come la mia dignità.
Mentre mi spogliavo ripensai all’ultimo istante in cui i nostri sguardi si erano incontrati, dopo che avevo completato il mio umiliante lavoro ed avevo ripulito con la mia lingua anche le dita dei suoi piedi. Gli occhi di Sarada però erano glaciali e non avevo trovato la soddisfazione che stavo cercando, per un attimo infatti avevo sperato che tutto quello che avevo fatto fosse servito a qualcosa, di aver reso felice la mia compagna e che lei avrebbe finalmente smesso di rendermi la vita un inferno, cosa poteva farmi ancora dopotutto ? Sarada però non sembrava per niente felice del mio lavoro e, senza dire una parola, si era alzata lentamente e dopo avermi dato un calcio improvviso, aveva calpestato il mio corpo con violenza, prima di saltare in alto e scomparire tra gli alberi. Dopo essere stata usata come una sorta di trampolino da lancio, non avevo potuto fare altro che massaggiarmi gli zigomi doloranti e rialzarmi con fatica, ben consapevole di essere totalmente ricoperta di fango…che avevo anche dentro il mio stomaco, grazie a Sarada.
Dopo essermi fatta una lunga doccia, cercai di dimenticare quello che mi era appena successo e dopo essermi gettata sul letto, mi addormentai sperando di non avere incubi ed almeno nei miei sogni, di essere felice e libera dalle angherie di quella sadica ragazza con lo sharingan. Inutile dire che il mio sonno fu un inferno e mi ritrovai a rivedere senza sosta quei sandali ricoperti di fango che rimanevano sempre lerci nonostante la mia lingua lavorasse senza sosta. Poi, quando la malefica risata di Sarada riecheggiava ancora per l’ennesima volta nella mia testa, sentii mia madre chiamare il mio nome, una nuova giornata era iniziata e speravo di non essere ancora una volta in ritardo.
Quel giorno in accademia fu piuttosto noioso e fortunamatente non ero la sola che non sopportava le lezioni teoriche sulle imboscate e le varie trappole nemiche. Shikadai russava profondamente in fondo all’aula e Boruto, che sedeva accanto a lui, non faceva altro che lamentarsi sottovoce. L’unica persona che sembrava seguire la lezione era la capo classe Sumire e non potei che essere invidiosa dalla sua soglia dell’attenzione, considerando che io osservavo tutti tranne che Shino sensei. Ovviamente non potei che studiare a lungo da lontano Sarada che sembrava intenta a scrivere qualcosa sul suo diario mentre Chocho a pochi passi da lei continuava a mangiare le sue patatine. Solo qualche ora più tardi il sensei disse qualcosa che attirò finalmente la nostra attenzione.
– Va bene ragazzi, ora voglio che scegliate un compagno di classe che dovrà essere il vostro avversario in un duello dopo la pausa pranzo –
Shino sensei non è bene combattere con lo stomaco pieno – Chocho protestò, aprendo un nuovo pacco di patatine.– Uno shinobi deve essere sempre pronto ad una battaglia – Shino sensei rispose, prima che la sue parole fossero interrotte da Boruto.
– Secondo il tuo ragionamento tu non potresti mai combattere, Chocho –
Mentre l’intera classe scoppiava a ridere, io non potei che pensare al mio futuro sfidante. Non potevo perdere e avevo decisamente bisogno di un buon risultato dopo il disastro del giorno precedente o avrei davvero rischiato di essere cacciata via dall’accademia. E allora perchè non pensavo ad altro che a Sarada ? Sfidare la più forte della classe, con Boruto, era pura follia. Ma evidentemente la mia mente doveva aver subito qualche danno perchè durante la pausa pranzo non riuscii a fermarmi e dopo essermi avvicinata a Sarada che stava mangiando del bento, le dissi:
– Sarada vorresti combattere contro di me ? –
La ragazza scoppiò a ridere ed i suoi occhi si riempirono addirittura di lacrime, davvero la mia richiesta era così assurda ? Davvero non avrei mai potuto essere una degna rivale per lei ?
“Ovvio che non può considerarti una sua rivale, giusto ieri le hai pulito le scarpe e le dita dei piedi con la tua lingua !” Quella familiare voce dentro la mia testa mi disse ed io non potei che restare immobile, in silenzio, con il capo chino e le lacrime agli occhi mentre Sarada si allontanava, sempre ridendo e senza rivolgermi nemmeno la parola.
Ero così depressa che neanche mi resi conto del tempo che passava e quando gli ultimi sfidanti furono scelti, io rimasi l’unica senza ancora un rivale e Inojin fu costretto a scegliermi nonostante le sue lamentele.
– Non è giusto sensei, non c’è nessun divertimento nello sconfiggere Erika. Anche un bambino potrebbe riuscirci –
Le sue parole mi ferirono, come le risate della classe, ma lui aveva ragione ed il nostro scontro durò appena un minuto. Il mio stile di combattimento non era adatto per combattimenti di media-lunga distanza che invece erano il punto forte di Inojin e non fu certo una sorpresa quando una delle sue tecniche mi sbalzò via, facendomi schiantare contro una staccionata di legno. Rimasi ad osservare i miei compagni di classe finire i loro scontri e come era prevedibile gli ultimi che ancora combattevano erano Sarada e Boruto. Il loro scontro fu duro, erano entrambi esperti in ninjutsu e formidabili nel taijutsu e solo un attimo di distrazione poteva decidere la battaglia. Alla fine fu Sarada a vincere, dopo aver finto di aver subito un colpo al petto ed essersi accasciata per terra. Ma era solo un kage bushin e Boruto fu colpito a sorpresa da un attacco proveniente dall’alto. Il destino aveva una certa ironia, il figlio del settimo hokage sconfitto dalla tecnica più famosa del padre.
“Non raggiungerò mai il loro livello” pensai tristemente mentre cominciavo ad allontanarmi dall’accademia, come il resto dei miei compagni. Poi tuttavia sentii qualcuno toccarmi la spalla.
– Avevi detto che volevi sfidarmi no? Combattiamo ora, sono molto stanca e forse potresti durare trenta secondi –
Gli occhi di Sarada erano fissi su di me e quasi non credetti alle sua parole. Davvero voleva sfidarmi ? Ma soprattutto, io ero davvero sicura di combattere contro di lei ? Anche se era sfinita Sarada rimaneva comunque di un livello nettamente superiore.
– Sì per favore – le parole uscirono dalla mia bocca senza che me ne rendessi conto ed in pochi secondi mi ritrovai di nuovo al campo di addestramento, oramai deserto, con Sarada a dieci metri da me, già pronta ad attaccarmi.
Sapevo di non poter lasciare nelle sua mani la direzione dello scontro e così corsi verso di lei senza indugi, nella speranza di coglierla di sorpresa. Ovviamente il suo sharingan aveva previsto ogni mia mossa ed in pochi secondi fui colpita al viso e allo stomaco da due potenti calci. Sentii il sangue nella mia bocca ma non ero ancora pronta ad arrendermi e goffamente provai a lanciarle contro un kunai che la ragazza evitò pigramente, addirittura sbadigliando. Decisi di riprovare con il taijutsu ma Sarada evitò ogni mio colpo ed con un pugno mi ruppè violentemente il naso. Caddi per terra in preda al dolore e con il sangue che mi ricopriva il volto.
– Forse la prossima volta ci penserai due volte prima di sfidarmi – Sarada disse prima di voltarsi, pronta ad andarsene.
– Aspetta, non mi hai ancora sconfitto – le dissi rialzandomi a fatica, neanche io so con quale energia o voglia di combattere ancora.
– Perchè insist… –
Non le lasciai finire la frase, corsì nuovamente verso di lei ma mi fermai all’improvviso a due metri dalla ragazza, sperando che i miei duri allenamenti segreti dessero finalmente i suoi frutti e, mentre facevo un pò a caso i sigilli con le mani, i nostri sguardi si incontrarono per un istante.
– Cos… – Sarada urlò prima di essere interrotta
– Katon: Endan ! – urlai prima di lanciare contro di lei il getto di fuoco più grande che avessi mai fatto.
Sarada fu investita in pieno dal mio jutsu e per un attimo temetti anche di aver esagerato e di averla ferita gravemente. La ragazza rimase nascosta ai miei occhi per qualche secondo dalla densa nube di fumo che si era creata e solo qualche istante dopo riuscii finalmente a vedere le conseguenze della mia tecnica. Il vestito di Sarada era stato quasi totalmente rovinato dalle fiamme ed il suo seno era quasi visibile, quasi come la sua gamba destra oramai nuda. Ebbi solo un secondo per notare il suo sandalo distrutto prima che l’urlo feroce della ragazza mi riportasse alla realtà.
– COSA HAI FATTO? COME HAI OSATO, TU LURIDA PERDENTE!!! –
La sua voce carica di odio e rabbia avrebbe messo i brividi a chiunque ma solo quando vidi il colore dei suoi occhi cambiare e lo Sharingan comparire nuovamente in tutta la sua fierezza, realizzai che ero in guai grossi. Sarada calciò via il sandalo ormai distrutto e anche il sinistro che era stato invece risparmiato dalle fiamme, e a piedi nudi si lanciò verso di me. Non sapevo se fosse la rabbia o lo sharingan a renderla più veloce, però non riuscii nemmeno a seguire i suoi movimenti e un attimo dopo fui colpita dieci volte allo stomaco da una serie micidiale di pugni. Senza riuscire a vedere nulla, anche per colpa del sangue che ricopriva ancora il mio viso, provai a difendermi con le braccia ma un potente calcio della ragazza Uchiha distrusse ogni mia difesa e spezzò il mio braccio destro come un ramoscello. Fui scagliata a venti metri di distanza e rimasi per terra senza fiato per poter gridare, per poter lamentarmi di quel dolore atroce che stavo provando. Ma il mio tormento non era ancora finito, la furia dello sharingan non si era ancora placata e Sarada fu subito sopra di me, calciando senza pietà il mio corpo oramai indifeso ed inerme. Avevo troppo dolore al braccio per soffrire per quei nuovi potenti calci, ma sapevo che il mio corpo stava subendo sempre più danni e che stavo rischiando la mia vita.
-Fermati, fermati ti prego – questo è quello che provai a dire ma non so se qualcosa di comprensibile uscì dalla mia bocca mentre un nuovo calcio colpiva il mio stomaco.
Però credo che Sarada notò qualcosa perchè si fermò improvvisamente e quando credetti che la sua furia fosse finalmente finita, la ragazza mi mise con violenza un piede nudo in faccia, schiacciando con forza le mie labbra ed impendomi di emettere alcun suono. Ancora una volta mi ritrovai ad essere niente altro che un misero verme sotto i suoi piedi e pensai che forse era davvero quello il mio posto e che era inutile continuare ad oppormi al mio destino.
– Non so dove tu abbia imparato un jutsu simile, ma usalo ancora contro di me e giuro che quando i miei piedi avranno finito con la tua faccia, neanche tua madre sarà in grado di riconoscerti – Sarada disse schiacciando con forza il mio naso rotto che riprese a sanguinare copiosamente, sporcandole la bella pianta del suo piede.
Gemetti a causa della nuova ondata di dolore ma il suo piede sulla mia faccia soffocò ogni rumore e non fece altro che infastidire maggiormente Sarada che sollevo per un attimo in aria il suo piede e mentre questo sembrava riscendere a rallentatore, io seppi che era finita. Poi tutto divenne buio.
Uno strano calore che si diffondeva lungo il mio corpo mi riportò alla vita e quando i miei occhi si aprirono lentamente e riuscii a mettere a fuoco l’ambiente circostante, realizzai di non essere più nel campo di addestramento, ma distesa su un divano in una bella casa. Alla vista di Haruno Sakura, la grande allieva del quinto Hokage e compagna di team del settimo, fu facile capire dove mi trovavo. Era stata Sarada a portarmi in casa sua ? L’aveva fatto perche in fondo aveva a cuore la mia salute o perche temeva di essersi spinta troppo oltre ed essere punita da Shino sensei per come mi aveva aggredita ? Per un attimo ripensai al dolore atroce che avevo provato durante gli ultimi secondi della nostra battaglia e non potei fare a meno di muovere leggermente la testa ed osservare il braccio che la ragazza Uchiha mi aveva spezzato con un terribile calcio.
– Sono felice che tu sia svegliata, ma non muoverti – la madre di Sarada mi disse imperiosamente ed io non potei che obbedire agli ordini di una kunoichi così importante.
La donna continuò ad usare una strana tecnica sul mio corpo e, studiando attentamente quella luce verde che le sue mani emanavano, capì che stavo osservando per la prima volta un jutsu medico. Davvero quella donna poteva guarirmi il braccio ed il naso ? Poteva davvero riparte le ossa fino a quel punto ? Avevo sentito tante storie sulle abilità del quinto Hogake e sulla sua allieva, ma non avrei mai creduto che fosse tutto vero. Quando finalmente la donna si rialzò e mi disse che aveva finito, provai a muovere il braccio e con stupore scoprì che era perfettamente guarito e che non sentivo alcun dolore.
– Grazie Sakura sama, grazie per… –
– Non ringraziarmi, non dovresti nemmeno rivolgermi la parola dopo quello che hai fatto a mia figlia –
Le parole della donna mi colsero di sorpresa ed il suo sguardo furioso mi fece fare un passo indietro, ma mi ero mossa troppo lentamente. Sakura afferrò con forza il bavero della mia maglia e mi sollevò da terra senza sforzo, mentre cominciavo a tremare di paura.
– Prova a toccare di nuovo mia figlia e ti polverizzo con queste stesse mani – Sakura disse stringendo ancora di più la sua presa, prima di lasciarmi cadere violentemente per terra.
– Non accadrà più lo giuro, mi perdoni Sakura sama – io mi affrettai a dire non appena ripresi fiato e sperando di convincerla che le mie parole fossero sincere, mi inchinai profondamente ai suoi piedi nudi che tanto simili erano a quelli di Sarada.
Rimasi in quella posizione per diversi minuti, la donna mi guardava in silenzio e mi domandai cosa stesse pensando e se magari si era pentita di aver salvato la vita ad un essere misero come me. D’altronde era tutta colpa mia se eravamo in quella situazione, era colpa mia se Sarada era stata costretta a combattere contro un avversario infinitamente più debole ed era sicuramente colpa mia se era stata costretta a reagire così duramente.
– La supplico di perdonarmi Sakura sama, non avrei mai dovuto usare un jutsu del genere contro una mia compagna. Farò qualsiasi cosi per fare ammenda –
– Comincia con il chiedere scusa a mia figlia, e ti dico subito che non sarà facile avere il suo perdono. Ma sei una ragazza intelligente e so che troverai un modo –
Dopo essere stata congedata, mi rialzai lentamente e mi misi a cercare la stanza di Sarada che non era molto distante. La mia compagna di classe era distesa sul suo letto e stava guardando il soffitto mentre borbottava qualcosa con rabbia.
– Come ho potuto farmi colpire da una perdente del genere ? E come diavolo ha fatto ad usare un un jutsu come quello ? Da chi l’ha imparato ? No… è impossible che l’abbia imparato da qualcuno, Erika è un incapace e non potrebbe mai imparare un simile jutsu, deve essere solo stato un colpo di fortuna –
Rimasi appena fuori la porta, spiando la ragazza che sembrava ancora furiosa ma lei percepì subito la mia presenza perchè, continuando sempre a guardare il soffitto, disse :
– Mia madre ti ha già guarito ? In ogni caso… che vuoi perdente ? Temo che dovrai aspettare un po’ se vuoi un altro braccio rotto –
Un ondata di paura attraversò il mio corpo, ormai sapevo bene cosa era in grado di fare quella ragazza all’apparenza così minuta e carina. Sapevo che Sarada era ancora arrabbiata e che era un azzardo avvicinarmi a lei, ma decisi comunque di entrare nella sua stanza ed inchinarmi come avevo gia fatto davanti sua madre, cominciando a supplicare per avere il suo perdono.
– Ti supplico di perdonarmi per tutto quello che ho fatto, non avrei dovuto sfidarti e decisamente non avrei dovuto usare quel juts… –
– No non avresti dovuto ed eppure l’hai fatto, rovinando il mio vestito – Sarada disse interrompendomi.
– Mi dispiace –
– Non mi importa nulla se sei dispiaciuta, cosa hai intenzione di fare per farti perdonare ? –
Io non sapevo cosa rispondere, cosa poteva mai volere Sarada da una come me ? La sua famiglia era decisamente ricca e di certo non avrebbe avuto problemi a ricomprarsi quel vestito, quindi cosa potevo fare per renderla felice ?
– Io…non so…forse potrei pulire… –
– Ecco la Erika che conosco, la piccola e viscida leccapiedi che conosco. Purtroppo ho dovuto buttare via i miei sandali, colpa tua ovviamente, ma se proprio vuoi puoi pulirmi i piedi, sono ancora molto sudati dopo l’intensa giornata che ho avuto –
Mi paralizzai per l’orrore, ero in trappola ancora una volta e come sempre era colpa mia. Stavo per offrirmi per pulire la sua stanza, non i suoi sandali e di certo non i suoi piedi, ma ancora una volta Sarada aveva frainteso le mie parole ed aveva subito sfruttato quell’occasione per rimettermi al mio posto, ai suoi piedi come un verme.
– Non ho tutto il giorno e se mia madre si arrabbia perche mi fai fare tardi per cena, giuro che salto sulla tua faccia fino a che quel naso si danneggi a tal punto che neanche mia madre potrebbe fare nulla per aggiustarlo-
Non ebbi bisogno di altre parole di incoraggiamento ed impaurita strisciai ai piedi della mia compagna con la lingua già di fuori. Qualcuno potrebbe pensare che ormai ero abituata, le avevo pulito le dita dei piedi dal fango solo il giorno prima dopotutto, ma non era affatto semplice offrire la tua lingua ad un’altra persona per essere usata come una sorta di zerbino per pulirsi i piedi. Non solo era tutto tremendamente umiliante ma dovevo anche fare i conti con i miei sentimenti sempre più confusi e disturbanti. Se il giorno prima non avevo fatto altro che gustare il terribile sapore del fango, quella volta mi ritrovai invece a gustare il vero sapore dei piedi sudati della mia compagna di classe e qualcosa di terribile successe.
“Perchè ho così bisogno di leccare ancora ed ancora? Perché…perchè mi sta piacendo?”
Non potevo credere ai miei perversi pensieri, non potevo credere che davvero mi stesse piacendo leccare i piedi di una ragazza che mi aveva bullizzato per mesi, che mi aveva appena rotto il naso ed il braccio ed io come avevo risposto a quell’aggressione ? Supplicando per il suo perdono e leccandole i piedi come un verme. Ma per qualche folle ragione non potevo fermarmi e così la mia lingua continuò a muoversi lungo le sue delicate piante, soffermandosi soprattutto sui talloni di Sarada che cercai di ripulire dal sudore con dei movimenti circolari della mia lingua.
– Sai cosa è questa macchia? E’il tuo sangue! E pensi che il tuo sangue sia degno di sporcare i preziosi piedi di un Uchiha? – Sarada mi disse indicandomi una macchia che aveva effettivamente appena sotto le dita del piede destro.
– No Sarada – io risposi prima di affrettarmi a ripulire tutto con la mia lingua.
Mentre leccavo via la macchia del mio stesso sangue, potevo gustare il forte sapore ferroso che quasi subito pervase la mia bocca, facendomi quasi vomitare. Provai un ondata di gioia quando potei tornare a gustare il sudore dei piedi di Sarada ed anche lei dovette notare il mio entusiasmo mentre leccavo tra le dita come un cane felice davanti ad un osso.
– Proprio cosi, lecca bene e non sprecare nemmeno una goccia del mio sudore, vale molto più della tua vita, non pensi Erika ? –
– Si Sarada – risposi con sincerità, fermamente convinta che la mia compagna di classe avesse ragione, io ero solo una nullità e quel nettare divino aveva decisamente più valore di me.
Sarada non disse più nulla per diversi minuti e si godette quel massaggio ai piedi con la mia lingua in totale relax, con gli occhi chiusi e le braccia dietro la testa. Mentre leccavo senza sosta non potevo che ammirare quella ragazza straordinaria e non potevo credere che avessi davvero scagliato un jutsu così potente contro di lei, rovinando il suo bel vestito. Avrei davvero fatto qualsiasi cosa per farmi perdonare e se Sarada voleva che le leccassi i piedi, lo avrei fatto per tutto il tempo che desiderava, senza lamentarmi e…
“Godendomi ogni istante”pensai con vergogna, arrossendo intensamente per i miei pensieri perversi.
– Sarada, è pronta la cena! – la voce della signora Uchiha mi riportò alla realtà, dopo che mi ero persa in uno strano mondo, mentre leccavo i piedi della mia bulla.
– Si mamma, arrivo – Sarada rispose, subito calciandomi via ed alzandosi con agilità dal letto – Tu vieni con me, è arrivato il momento che ti scusi allo stesso modo anche con mia madre –
Non sapevo se avevo capito bene o se la mia mente perversa stava ormai creando delle fantasie assurde che avrebbero imbarazzato chiunque, sapevo però che non potevo rifiutare un ordine di Sarada e così seguii la mia compagna di classe dall’altra parte della casa, dove Sakura sama si era seduta nel divano in cui mi ero risvegliata ed aveva gia posizionato due ciotole di ramen sul basso tavolino di vetro di fronte.
-Spero che si sia fatta perdonare per quello che ha fatto – la signora Uchiha disse alla figlia indicandomi.
– Ci sta provando, non è vero Erika ? –
Annuii senza dire una parola, ero molto in imbarazzo ed era anche normale dopo che avevo passato un ora a leccare i piedi di una ragazza della mia stessa età e scusandomi con lei perche avevo sporcato i suoi magnifici piedi con il mio lurido sangue dopo che lei mi aveva rotto il naso con un calcio. E poi avevo paura per quello che Sarada mi aveva appena detto, cosa voleva dire scusarsi con sua madre nello stesso modo ? Qualche secondo dopo, compresi che avevo decisamente capito bene.
– Erika ha deciso di scusarsi umilmente anche con te, mamma, e vorrebbe farlo facendoti un massaggio ai piedi un po’ particolare. Sai, Erika ha una lingua molto esperta… –
Avrei voluto che si aprisse una voragine sotto i miei piedi e sparire dalla faccia della terra, ma invece rimasì lì in piedi mentre Sarada si sedeva accanto alla madre e cominciava a mangiare il suo ramen, sapendo benissimo che non sarei fuggita e che avrei fatto quello che aveva appena detto.
– Sono davvero curiosa di provare questa lingua, allora – Sakura rispose cogliendomi di sorpresa.
Come poteva essere così tranquilla ? Come potevano madre e figlia parlare di certi argomenti come se fossero le cose più normali del mondo ? Sembravano quasi che fossero abituati ad avere una persona ai loro piedi, pulendoli con la propria lingua e distruggendo ogni briciolo di dignità che aveva in corpo.
Mi bastò un gesto di Sarada e fui immediamente a quattro zampe. Senza avere il coraggio di guardare la madre della mia compagna di classe in faccia, strisciai ai piedi della donna e lentamente tirai fuori la lingua. I piedi di Sakura era molto simili a quelli di Sarada, piccoli e decisamente delicati. La donna pero aveva le unghia perfettamente smaltate di rosso, mentre la figlia aveva uno smalto nero ma tutt’altro che in buone condizioni. Non so perche ma decisi di cominciare con dei baci sul dorso del piede destro della donna ed ogni volta che le mie labbra si posavano su quei bei piedi, per qualche motivo sentivo un fremito in mezzo alle mie gambe e non potevo che chiedermene la ragione. Sakura sembrava molto soddisfatta di quello che stava facendo e non ebbe fretta di sentire la mia lingua “esperta”, come l’aveva definita Sarada che invece osservava la scena con una strana espressione ed io sapevo che il suo cervello stava lavorando per rendermi le cose più difficili.– Perchè non ti sposti qui Erika? – Sarada disse indicando un punto per terra difronte a lei.
Quando mi spostai, sempre a quattro zampe per raggiungere il mio “posto”, Sarada mi manovrò con i suoi piedi nudi cosicché fossi parallela al divano e la testa rivolta verso Sakura.
– Molto bene, ora non muoverti e comincia ad usare quella lingua – la mia compagna di classe disse poggiando i suoi piedi nella mia schiena e ricominciando a mangiare.
Ridotta a nulla più che un poggiapiedi per la mia compagna di classe, abbassai di nuovo la testa per tornare ai piedi di sua madre e stavolta, come mi era stato detto di fare, cominciai ad usare la mia lingua. Sakura sembrava amare quel momento quasi quanto me, che stavo provando la stessa estasi mistica che avevo già provato leccando i piedi di Sarada, e la donna si divertiva a roteare il suo piede cosicché potessi toccare con la mia lingua ogni centimetro della sua delicata e bianca pelle che contrastava così tanto con la mia. Mentre la mia lingua esplorava con gioia le piante della signora Uchiha, non potevo che ripensare a come ero finita in quella situazione e chiedermi come ne sarei uscita.
“Ma voglio davvero farlo?” mi dissi ancora una volta vergognandomi dei pensieri osceni che avevo mentre venivo usata come poggiapiedi, come uno zerbino, un giocattolo o qualsiasi cosa io fossi in quel momento per quelle due Dee. Poi, furono proprio loro a definire il mio ruolo ed il mio futuro.
– Sai Erika, hai trovato proprio il modo giusto per scusarti con mia figlia. Qualche mese come sua schiava dovrebbe essere abbastanza per riparare il torto che le hai fatto –
Mentre madre e figlia scoppiavano a ridere, io leccai sempre più velocemente, accettando le parole della signora Uchiha e accettando il mio destino.
To be continued
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