• Una Dea sul pianerottolo

    Posted by mikes09 on Aprile 24, 2023 at 11:52 am

    Quando i nuovi vicini si trasferirono nell’appartamento accanto al nostro era estate e la colonnina di mercurio indicava stabilmente i trentacinque gradi. A quei tempi frequentavo ancora l’università, facoltà di filosofia. Avevo ventiquattro anni e vivevo con mia madre e mia sorella Marta, di due anni più giovane di me.
    La famiglia che venne ad abitare accanto a noi era originaria del Brasile, ma viveva qui in Italia già da qualche anno. Lui, il capofamiglia, non si vedeva quasi mai, sempre in viaggio di lavoro fra il Belpaese e il Sud America. Lei, la madre, aveva quasi cinquant’anni, e al contrario del marito trascorreva le giornate in casa. Era una donna piuttosto alta, con la pelle abbronzata e un seno e un fondoschiena molto prominenti. Definirla grassa sarebbe un errore, ma giunonica sì, lo era senza dubbio. I figli erano due, un maschio e una femmina, entrambi più giovani di me e di mia sorella.
    I primi giorni di convivenza trascorsero tranquilli. I brasiliani non si sentivano quasi mai e raramente ci capitava di incontrarli fuori dalla porta del loro appartamento. Ogni tanto, però, sul pianerottolo si poteva avvertire un odore dolciastro, come di vaniglia mista a incenso. La voce si sparse in fretta e venne fuori che la donna era una specie di chiromante. Leggeva le mani, la palla di vetro o roba così. A dire il vero non ci feci molto caso. In fin dei conti, ognuno può trascorrere il tempo come meglio vuole.
    Qualche giorno più tardi –credo fossero i primi di settembre- feci un’amara scoperta. Stavo tornando a casa da una giornata trascorsa all’università, e trovandomi a passare davanti all’uscio della loro abitazione udii degli strani mugolii. La porta era solo socchiusa e così, incuriosita più che mai, mi avvicinai per dare una sbirciatina. La scena che mi si presentò davanti mi stordì dalla sorpresa. Mia sorella era lì, al centro del soggiorno. Se ne stava inginocchiata a quattro zampe come una bestia, con la faccia affondata fra le cosce della padrona di casa. Quest’ultima era quasi completamente nuda. Indossava solamente un piccolo reggiseno e un sottile pareo che le cingeva i fianchi. Era seduta sulla poltroncina della stanza; una gamba appoggiata sulla schiena di mia sorella e l’altra sul bracciolo a dondolarsi a mezz’aria. Marta sembrava piccolissima, davanti alla donna. Il suo corpo bianco e snello pareva quasi scomparire al cospetto di quelle due grosse cosce adipose che la schiacciavano ai lati. E la sua testa…quasi non la vedevo, affondata com’era sotto la pancia della brasiliana!
    Sbalordita, rimasi a osservare quella scena come un’intrusa. La donna teneva una delle sue grosse mani sulla nuca di Marta e l’altra dietro la propria testa. Il mio primo impulso fu quello di entrare e intervenire, di liberare mia sorella da quella umiliate situazione, poi qualcosa mi fermò. La brasiliana lasciò andare la testa di Marta e si sporse con il bacino in avanti. Libera dalla stretta della donna, credevo che mia sorella sarebbe subito indietreggiata e scappata via. Lei, invece, non fece niente di tutto ciò. Al contrario. Avanzò ancora di più verso la brasiliana e cominciò un lento movimento su e giù dalla vagina al solco fra le natiche, che adesso sporgevano per una buona metà dal sedile della poltroncina. E i mugolii di libidine che Marta emetteva non lasciavano spazio a dubbi.
    Stando bene attenta a non farmi scoprire spinsi leggermente la porta e cercai di osservare meglio. Subito l’odore di vaniglia e incenso mi stuzzicò le narici e fui costretta a nascondermi. Mi accucciai in basso e rimasi immobile. La donna iniziò a gemere e a ondeggiare i fianchi. Le sue mani scivolarono sul seno, poi sui fianchi. Afferrarono nuovamente i capelli di Marta e li strattonarono senza clemenza. Mia sorella rivolse lo sguardo verso la donna, e ciò che vidi nei suoi occhi non era né schifo né umiliazione. Senz’ombra di dubbio quello che stava facendo le piaceva da morire. Nel suo sguardo c’era ammirazione, devozione e un po’ di soggezione.
    “Apri tua bocca” disse la brasiliana, e mia sorella obbedì prontamente. La donna le sputò due volte in gola e le spinse nuovamente la faccia fra le cosce. Questa volta fu lei a imporre il ritmo a Marta. Le schiacciò la bocca sul suo sesso e la costrinse a scivolare fino al suo culo, poi la fece tornare indietro. Grosse gocce di sudore iniziarono a colare dalla sua pancia prominente, dalle sue braccia e dalle sue cosce. Ad ogni affondo, i mugolii divenivano più forti e più convinti.
    Che cosa stava succedendo a mia sorella?
    Lei che era sempre stata così schizzinosa per quanto riguardava le faccende di sesso, adesso si metteva a disposizione delle voglie di una donna che poteva avere l’età di nostra madre. E poi con che ardore, le leccava la figa! Il piacere che provava era tangibile. Era arrivata persino a farsi strappare i capelli (a cui lei teneva moltissimo!) e a farsi sputare in bocca.
    Al culmine dell’orgasmo vidi la brasiliana che sollevava la gamba appoggiata sul bracciolo. La testa di Marta fu come schiacciata fra due enormi magli di grasso, e la sua faccia scomparve sotto la mano della donna. Per un tempo che non saprei quantificare mia sorella se ne rimase in quella posizione a leccare il sesso della nostra vicina. Il suo gracile corpo, schiacciato dalle gambe abbronzate della brasiliana, era appena distinguibile. Poi, con un rantolo, la donna venne copiosamente nella bocca di Marta. Lo capii dalla sua voce, che per un momento parve spezzarsi per poi lasciarsi andare in un ansimare profondo e irregolare.
    “Puttanella italiana…mi hai fatto godere…” disse la donna “Vai, continua a succhiare”
    Mia sorella non indietreggiò. Sebbene il suo lavoro fosse terminato, Marta continuò alacremente a leccare la vagina della padrona. Ripulì minuziosamente il boschetto di peli neri che le ornava il sesso e fece per scendere nuovamente verso il solco fra le natiche.
    “Apri tua bocca” disse la donna.
    Marta sollevò gli occhi e fece quanto le era stato ordinato.
    “Tua lingua secca” disse la brasiliana, prendendo a sputare nella gola di Marta “Tieni. Buona la mia saliva. E ora leccami il culo”
    “Sì, padrona” mormorò Marta, con la voce che le vibrava di eccitazione e riconoscenza.
    La donna si voltò, pose le ginocchia sullo schienale della poltroncina e le indirizzò in faccia il suo culo enorme. Con una mossa brusca afferrò il piccolo pareo che le circondava i fianchi e se lo strappò di dosso. Marta si tuffò letteralmente sulle sue chiappe, ciascuna di loro grandi almeno quanto la sua testa, e cominciò a riempirle di baci e colpi di lingua. Ma la brasiliana non si ritenne soddisfatta, evidentemente, così si voltò per metà e le afferrò la criniera con una mano.
    “Lecca!” esclamò, spingendo il viso di Marta prima sul suo culo e poi sui suoi talloni. Le piante dei suoi piedi non erano per niente pulite. Doveva aver camminato a lungo per casa scalza. Ciò nondimeno la lingua di Marta non esitò a leccar via la polvere depositatasi fra le dita e lungo le piante.
    Provo vergogna nel confessarlo, ma in quel momento uno strano calore mi pervase l’inguine. Non so perché ma provai eccitazione nell’osservare quella scena. Che cosa mi stava succedendo? Era l’ebbrezza di spiare in casa d’altri che mi stava facendo godere? Oppure provavo un sottile, inspiegabile piacere nel guardare mia sorella che si umiliava davanti a una sconosciuta?
    Mi scossi dal torpore nel quale stavo sprofondando e mi sollevai in piedi.
    “Basta!” mi dissi “Adesso entro e metto fine a questa cosa!”
    Un rumore come di passi dietro la porta mi fece desistere. La brasiliana non era sola, a quanto pareva. Corsi nel mio appartamento e mi chiusi dentro. Non so neppure per quale motivo scappai così. Un attimo prima ero lì, decisa ad entrare come una furia, e un attimo dopo stavo battendo in ritirata come una perfetta codarda. Ma non era certo quella la cosa più strana accaduta quel giorno.
    Attesi che mia sorella tornasse in casa -cosa che quel giorno avvenne ad un’ora piuttosto tarda- e a tavola, in presenza di nostra madre, feci finta di non aver niente da dire. Poi, in tarda serata, andai a trovare Marta nella sua stanza.
    “Come stai?” le chiesi.
    “Perché mi fai questa domanda?” domandò lei con occhi curiosi. Dal suo sorriso e dal comportamento che aveva tenuto a cena, nessuno avrebbe mai potuto sospettare che quella ragazza di poco più di vent’anni avesse leccato la figa di una donna quasi cinquantenne solo poche ore prima.
    “Oh, per nessun motivo in particolare. E’ che stamani, mentre andavo in facoltà, ho sentito di nuovo quello strano odore provenire dall’appartamento dei vicini” dissi “Dovrebbero dirglielo che il regolamento condominiale vieta di recare disturbo agli altri condomini con suoni o odori molesti”
    “Non è un odore molesto” si affrettò a rispondere Marta “E comunque non capisco che fastidio ti dia”
    “Mi sembrava che non piacesse neppure a te”
    “Ho cambiato idea” rispose Marta “Si vede che ci ho fatto il naso”
    “Ah, certo” risposi “E i vicini? Che te ne sembra, per ora?”
    Marta sollevò le spalle “Non penso niente. Perché dovrei pensare qualcosa di loro?”
    “Non lo so, ma visto che abitano dall’altra parte del pianerottolo sarebbe il caso di sapere che gente sono e che cosa fanno, non credi? La donna mi sembra una casalinga”
    “Si chiama Laetitia”
    “Ah. Te l’ha detto lei?” domandai.
    A quel punto Marta sbuffò “Uffa, ma perché tutte queste domande? Si può sapere che cos’hai, stasera?”
    Decisi di lasciar perdere e mi congedai con una banale scusa.
    Passarono i giorni.
    Una settimana dopo aver scoperto mia sorella a leccare il sesso della brasiliana (di cui solo adesso conoscevo il nome) partecipai ad una partita di pallavolo con le mie amiche di università. Fu una bella faticaccia, visto che non mi allenavo dai tempi del liceo, e tornai a casa semidistrutta. Mi stesi sul letto e mi addormentai nel giro di pochi minuti. Dopo qualche ora il mio sonno fu interrotto da una forza che iniziò a premermi sul collo. Non solo, ma c’era uno strano odore, nell’aria. Quell’aroma d’incenso dolciastro che negli ultimi tempi avevo imparato a riconoscere alla perfezione.
    Aprii gli occhi e scorsi la figura imponente della brasiliana sopra di me. Laetitia era salita sul mio letto con entrambi i piedi, si era appoggiata col suo grosso sedere rotondo alla testiera del materasso e mi aveva appoggiato un piede sulla testa. Cercai di sfuggire a quella pressione spingendomi indietro con le braccia, ma lei se ne accorse, si chinò su di me e mi afferrò per i capelli.
    “Stai ferma” disse.
    Mi sentivo intontita, quasi priva di forze. Afferrai il polso della donna con entrambe le mani e soffocai un gemito di dolore. Le sue dita mi stavano strappando i capelli, scuotendomi da una parte e dall’altra. Laetitia mi costrinse a sollevare il volto verso di lei, mi guardò fissa per qualche secondo e infine mi colpì con uno schiaffo. Rimasi intontita più di quanto già non fossi. Tutto, nella stanza, sembrava girare attorno a me, e quello che sembrava solo un bizzarro risveglio stava assumendo sempre più i contorni distorti di un sogno. Forse di un incubo.
    Un altro schiaffo piombò su di me, e questa volta l’impeto fu tanto grande da scaraventarmi giù dal materasso. Indossavo un reggiseno e un paio di mutandine. La mia ospite indesiderata, invece, era completamente nuda. In un angolo della camera, subito dietro la porta, scorsi una gonna e una camicetta che non appartenevano a me. Laetitia si era spogliata entrando nella mia stanza senza che neppure me ne accorgessi. Com’era possibile, mi domandai. Eppure avevo sempre avuto un sonno talmente leggero da svegliarmi per un nonnulla!
    La brasiliana si avvicinò, mi osservò dall’alto quasi fossi un verme che striscia sotto i suoi piedi e disse “Tu non farmi incazzare. Tu devi obbedire a me”
    Si abbassò a sedere sul letto e sporse le sue gambe grosse e rotonde giù dal bordo del giaciglio. Mi ritrovai i suoi piedi davanti al volto e d’istinto cercai di indietreggiare. Ancora una volta Laetitia fu più rapida di me, mi acchiappò senza fatica per i capelli e mi tirò su con uno strattone.
    Non potei trattenere un gridolino e lei, guardandomi fisso negli occhi, mi rifilò un terzo schiaffo in pieno volto. Caddi sullo scendiletto, ormai vinta e priva di forze.
    “Vieni qua” ordinò la brasiliana dopo qualche secondo “Sei tale e quale a quella puttana di tua sorella. Lei mi è piaciuta fin da subito. Ho pensato di renderla mia schiava sin dalla prima volta che l’ho vista. A te, invece, ti ho osservata l’altro giorno, quando mi spiavi da dietro la porta…”
    Rimasi di stucco. Pensavo che nessuno si fosse accorto della mia presenza.
    “…ti ho lasciata guardare per vedere se saresti intervenuta oppure no” mi sollevò per i capelli e mi strofinò la faccia sul suo sesso peloso. Il mio naso scomparve fra i suoi peli pubici, già bagnati. Avvertii la carezza delle grandi labbra sulla mia bocca e sugli occhi, poi la sua mano mi spinse più a fondo e le mie narici furono investite dall’odore prepotente della sua libidine. Le cosce si chiusero su di me. Erano grandi, morbide e pesanti. Due cascate di carne flaccida che mi serrarono il collo e le spalle senza concedermi via di scampo. La mia bocca si aprì da sola, mentre la lingua, come obbedendo ad un comando silenzioso della brasiliana, iniziò a leccare quel sesso profumato in tutta la sua interezza. Era la prima volta che leccavo la vagina di un’altra donna, e mai e poi mai mi sarei aspettato di farlo con una donna di quell’età e per di più neppure bellissima.
    “Ti è piaciuto quello che ho fatto a tua sorellina, eh? Sei proprio una puttana. Lecca!” ordinò Laetitia, guidando il movimento della mia testa fra le sue cosce. Per star più comoda sollevò le gambe e le pose sulla mia schiena. Avvertii il peso dei suoi polpacci sulla colonna vertebrale e irrigidii i muscoli della braccia per non cadere in avanti. La brasiliana si distese con la schiena sul materasso come se quella fosse camera sua, dopodiché riprese a godere nella mia bocca. D’un tratto cominciai ad ammirarla. La sua arroganza mi aveva soggiogato. La sua figura superba era divenuta motivo di venerazione e piacere. Per questi motivi cominciai a leccare quel sesso meraviglioso con quanta più foga avessi in corpo. Le sue gambe mi strinsero di più e io non potei fare a meno di accarezzarle le cosce per mostrarle tutta la mia devozione.
    “Sì, vai, puttana. Leccami…” ordinò “Leccami più in fondo! Sììììììì!”
    Non impiegò molto prima di mettersi ad ansimare e a sudare come le avevo visto fare nel tinello del suo appartamento, quando fra le sue gambe era inginocchiata mia sorella. La sua figa mi inondò la faccia di umori deliziosi e questo mi diede rinnovata carica. Sentivo che ero brava perché la signora mi permetteva di leccarle il sesso, di bere il suo piacere, e alla fine, quando la mia bocca fu colma dei suoi umori, mi consentì addirittura di inghiottirli e di berli fino all’ultima goccia.
    La sentii gemere di gusto e poi esalare un ultimo sospiro di piacere.
    “Aaahhhh! Vengooo!” esclamò. Aggiunse qualche altra parola in portoghese che io non capii e infine mi lasciò i capelli.
    Dopo qualche secondo sentii la stretta delle sue cosce che si allentava. Era finita. Avevo soddisfatta la mia signora e padrona come ogni schiava avrebbe dovuto fare, ma per me non era ancora sufficiente. Il suo corpo gocciolava di sudore. Salii con la bocca fino alla sua pancia prominente e di mia iniziativa presi a leccarla del sudore che la imperlava. Lei mi fermò mettendomi un piede sulla spalla e spingendomi indietro.
    “Non ci provare, troia! Leccami il culo, piuttosto!”
    Lentamente ruotò su di un fianco fino ad esporre alla mia vista estasiata quelle natiche grosse e rotonde con cui mia sorella aveva già avuto la fortuna di fare l’amore.
    Le ricoprii di mille bacetti…prima l’una e poi l’altra. Lei incrociò le braccia sotto al mento e si distese a gambe larghe affinché io potessi raggiungere il solco fra le sue chiappe. Anche se quella situazione era del tutto assurda, Laetitia la stava vivendo come se fosse la cosa più naturale del mondo. Non solo, ma dopo aver umiliato me e mia sorella neanche fossimo delle schiave d’altri tempi, era lì ad attendere che io le procurassi nuovo piacere.
    E chi ero, io, per disattendere le aspettative della mia signora?
    Non mi domandai neppure se fosse il caso di reagire ai suoi soprusi o di disobbedirle Ogni perplessità sembrava essere svanita sotto le onde di carne abbronzata delle sue natiche. Laetitia mi lasciò adorare il suo culo ancora per un po’, poi mi ordinò di leccarle il buco e di ficcarci dentro la lingua.
    “Leccamelo pulito” disse, con quel suo inconfondibile accento sudamericano.
    Non me lo feci ripetere due volte, in fondo era quello che volevo anch’io. La mia lingua, però, sembrò sparire fra le sue colline saporite e rotonde. Spinsi la faccia a maggior profondità e mi feci strada come potei…tutto solo per arrivare a raggiungere il buco del culo della padrona con la mia bocca…lo feci, lo raggiunsi…era caldo, odoroso e un po’ ruvido. La mia lingua raspò il pelo che foderava la fessura delle natiche, ignorando il senso di disgusto e la naturale repulsione…
    …stai leccano il buco del culo di una straniera che ha l’età di tua madre…
    …e come se non bastasse immaginai mia sorella, piccola e minuta, che cercava di fare altrettanto con quel fisico mingherlino che si ritrovava. Come aveva fatto Marta a raggiungere il buco del culo della signora Laetitia? Era difficile persino per me, che ero assai più grande e robusta di lei…
    Ma questo adesso non importava…la padrona sembrava gradire le mie attenzioni. Iniziò di nuovo a gemere, a respirare lentamente e con profondità, poi ebbe un sussulto e la sua mano mi artigliò i capelli dietro la nuca. Sembrava che volesse spingere la mia faccia sin dentro ai suoi intestini…avvertii un odore inconfondibile che si faceva più intenso e più forte, poi una voce impastata di saliva risuonò nella stanza. Non capii cosa dicesse, ma presumo volesse prepararmi a ciò che accadde poco dopo.
    Vi fu un’altra contrazione, e la sua stretta divenne più serrata. Le sue gambe si avvicinarono, schiacciandomi il busto all’altezza del seno. Mi ritrovai bloccata, la pressione mi stava togliendo il respiro. Un attimo di dolore, poi il suono di una scorreggia mi esplose nei timpani e un flusso di aria calda e asfittica mi arrivò direttamente in bocca.
    Laetitia mi lasciò respirare i suoi gas intestinali, e dal tremolio del suo corpo capii con chiarezza che stava ridendo di quanto era appena accaduto. Poi la tensione si allentò e il suo corpo sembrò ritrovare la quiete. Soltanto allora la signora si rilassò. Le sue gambe mi lasciarono il petto e la sua mano si staccò dai miei poveri capelli disfatti.
    “Spostati, puttana” mi ordinò la padrona.
    Indietreggiai fino al margine dello scendiletto e attesi nuove istruzioni. Laetitia si mise a sedere sul letto, incrociò le gambe sul materasso e mi osservò per qualche secondo senza parlare. I suoi occhi erano neri e lucidi come gemme di ossidiana. Mi scrutarono dentro e mi rivoltarono l’anima. Lei sorrise beffarda, allungò una gamba e mi sfiorò il viso con un piede.
    “Bacialo” disse.
    Io, senza che nessuno me lo ordinasse, glielo leccai.
    “Anche l’altro, tieni”
    La doravo. La amavo. Quei piedi grandi e non più perfetti, con qualche callo qua e là e la pelle dei talloni screpolata, erano la cosa più bella che avessi mai visto. Li assaporai centimetro per centimetro. C’era della polvere sulle piante? Non importava. Anzi, sarei stato io stessa a rimuoverla, così come il mio ruolo di schiava obbediente imponeva.
    Mi permise di continuare così per qualche minuto e alla fine mi volle ricompensare.
    “Vieni qui” ordinò “Apri la bocca”
    La spalancai e lei ci sputò dentro tre volte. Tenni in bocca la sua saliva finché non mi consentì di deglutire, dopodiché bevvi la mia padrona.
    “Tua sorella mi è piaciuta fin da subito. E’ una puttanella piccola…proprio quello di cui avevo bisogno per mia casa. E’ la mia serva già da una settimana, lo sai? Tu e tua madre pensate che lei vada in giro con amiche, ma non è così. Viene in casa mia a lavare pavimenti, fare bucato, spazzare, stirare, rammendare calzini…Tu, invece, mi servirai per un altro scopo. Sarai il mio regalo…”
    Non compresi a cosa si stesse riferendo, ma in quel momento della sorte di mia sorella non mi importava quasi nulla. Tutt’altro. Ero gelosa marcia. Marta era stata la schiava della signora Laetitia per una settimana intera e io non ne sapevo nulla!
    La padrona si alzò in piedi, raggiunse i suoi indumenti sparpagliati sul pavimento e li indossò. Sotto la gonna vi era un collare e un guinzaglio. Mi appose al collo il primo e assicurò al gancetto l’altro, poi mi strattonò per condurmi verso l’ingresso. La seguii a quattro zampe come una cagna fedele, e solo allora avvertii dei rumori provenienti dal tinello.
    Chi poteva esserci di là?
    Non dovetti attendere molto, per scoprirlo. Mia sorella e i figli della signora Laetitia sembravano attendere solo noi. La scena che mi si presentò davanti fu ancor più traumatizzante di quella che vidi oltre la porta socchiusa dell’appartamento della padrona, ma stranamente in quelle circostanze non mi fece il minimo effetto.
    Marta era inginocchiata a quattro zampe davanti alla figlia di Laetitia. La ragazza, che a vederla dimostrava sì e no diciotto anni, se ne stava seduta su una poltroncina, facendosi tranquillamente leccare il sesso da mia sorella. Sembrava una replica di quanto avevo già visto sette giorni prima.
    Anche l’altro figlio, nel frattempo, si stava dando da fare. Era un giovanotto corpulento e con un po’ di pancetta. Si chiamava Antonio e anche lui era completamente nudo. Con le mani si teneva ai fianchi mia sorella e nel frattempo la fotteva nella figa come un forsennato.
    Laetitia si fermò sulla soglia e mi diede modo di guardare con attenzione la scena che si stava svolgendo nella sala, sollevò un piede e me lo pose sul collo.
    “Tua sorella è meglio di te” disse, premendomi contro il pavimento “Per lei cazzo e figa sono la stessa cosa”
    Poi mi strattonò per obbligarmi ad avanzare e i figli della signora si voltarono verso di me.
    “Vieni, puttanella” disse Laetitia “Voglio presentarti ai tuoi nuovi padroni”
    Continua…forse.

    mikes09 replied 1 year, 8 months ago 1 Member · 0 Replies
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